Sulla Las Vegas Strip, al 2880 di South Las Vegas Boulevard c’è un hotel resort che si chiama Circus Circus. Una struttura aperta nel 1968 e fondata da Jay Sarno che sorge parallelamente alla Las Vegas Fwy. All’interno ci sono 3.774 camere distribuite su diverse torri, un casinò della grandezza di circa 9.000 m² , un parco divertimento a tema – l’Adventuredome – con una superficie di oltre 20.000 m² e due ristoranti: The Steakhouse e Blue Iguana, nonché un immenso parcheggio che sorge sul retro dell’edificio dotato di posti auto coperti ed esterni. Siamo dirette lì.
Per quanto l’idea di dormire in un posto che richiami qualcosa legato ad un pagliaccio non mi entusiasmi, l’unica scelta economica era quella, e così mi faccio coraggio. O almeno, è quello che penso prima di vedere l’enorme insegna di un pagliaccio gigante che mi guarda con occhi sgranati ed una capigliatura per niente normale.
La Veteran Memorial Hwy 95 è la strada che percorriamo mentre inizia a calare il sole uscendo dalla Death Valley ed entrando nell’urbanizzazione che a poco a poco diventa sempre più fitta. L’Astrocar si muove tra le auto che diventano sempre più vicine a noi. Qualche abitazione lungo la strada in area post desertica, una stazione di servizio a cui facciamo 80 dollari di benzina, altre abitazioni, poi traffico, e poi c’è Las Vegas. Arriva così, all’improvviso. Dal nulla più totale ad un tutto spiazzante.
Las Vegas è un mondo a sé. Una metropoli che nasce nel bel mezzo del deserto e che si estende per 352 km². Un’esplosione di luci colorate che descrivono uno scenario di costruzioni edilizie fuori da ogni canone culturale europeo con ricostruzioni di luoghi da qui lontani sottoforma di hotel e luxury hotel. Qui, sulla famosa Strip, rinomata per le attrazioni turistiche che raccontano casinò, negozi, gioco d’azzardo e divertimento, il vento tira forte e le altissime palme trapiantate fra il cemento dei marciapiedi sventolano verso est. Tantissime persone sui marciapiedi che camminano in modo piuttosto disordinato ma lente, a gruppi o in coppie, si guardano attorno con il naso sempre all’insù. Molte di loro sfoggiano abiti che sembrano costumi da carnevale, niente di strano per una città fondata per mettere in risalto quello spirito un po’ eccentrico all’insegna del divertimento più sfrenato.
Gioco d’azzardo legalizzato, disponibilità di alcolici h24, un’ampia offerta di spettacoli per adulti che escludono categoricamente la prostituzione, vietata dalla legge a causa di una serie di ragioni legate a decisioni politiche e a considerazioni sociali ed economiche. La percezione pubblica e l’immagine della città, già basata sul gioco d’azzardo preoccupa le autorità locali che hanno deciso di evitare un ulteriore legame della città a “comportamenti immorali” distaccandosi da questo tipo di turismo ed evitando di rafforzare ulteriormente l’immagine di una città del peccato. Le autorità locali temono inoltre che la legalizzazione della prostituzione potrebbe attirare attività illegali tra cui: traffico di esseri umani e il racket legato alla prostituzione illegale.
Un’attività che non è però illegale in tutta la Contea di Clark, la cui legislatura è diversa rispetto ad altre aree rurali del Nevada. La legge statale consente infatti ai singoli governi delle contee di decidere in merito al tema della prostituzione. Nelle contee con popolazione inferiore a 700.000 abitanti, l’attività è legale all’interno di bordelli regolamentati. Poiché la contea di Clark ha una popolazione molto superiore a questo limite, la prostituzione è vietata. In altre parti del Nevada, dove la prostituzione è legale, è anche fortemente regolamentata all’interno di bordelli autorizzati, dove le autorità possono monitorare più facilmente l’attività, riducendo il rischio di traffico di esseri umani, malattie sessualmente trasmissibili e crimine organizzato.
Un mix di attrazioni che ha valso a Las Vegas il soprannome di Sin City – Città del peccato o Città del vizio, un nickname che l’amministrazione locale e l’ufficio del turismo, nel loro paradossale intento conservatore preferiscono promuovere come The Entertainment Capital of the World – La capitale mondiale dell’intrattenimento.
Al 39° piano del Circus Circus c’è la nostra stanza, così in alto che sembra di essere su una torre panoramica. Che poi lo è, solo che dentro ci si può dormire. La moquette sul pavimento e i colori giallastri delle delle tende insieme al panorama di cui si può godere dall’alto raccontano un mondo che sembra conosciuto. Un mix tra quell’atmosfera anni ’90 che l’industria cinematografica americana ha raccontato per tutto il mondo ed un clima di ricchezza che ha dei lati così oscuri che passeggiando per le strade principali si notano a fatica. Las Vegas è il racconto di un divertimento promosso a tutti gli effetti, dove gli stimoli visivi sono accompagnati da semplici agevolazioni, tra cui, l’entrata gratuita all’interno di ogni casinò con una prenotazione presso un hotel della zona.
Così tante luci ma così tante ombre. Tornata dal viaggio mi è capitato di parlare con una persona che riveste una carica pubblica e che è in politica da diversi anni. Dopo avermi detto di aver letto il mio reportage uscito su una rivista mensile di cultura ed avermi fatto i complimenti ha affermato “ci sono stato tre volte, per me è una città bellissima” con un tale entusiasmo che mi ha lasciata senza parole. Non ho potuto fare a meno di immergermi in riflessioni sociali e culturali, su paradossi ed asserzioni, stimoli visivi e sentimenti vissuti in quella città che nonostante tutti quei colori nasconde una realtà descritta da sfumature di nero e grigio.
Mole People a Las Vegas
Las Vegas è costruita su di un vasto sistema di tunnel fognari messo a punto negli anni ’60 per gestire le acque piovane. Tunnel che si estendono per circa 320 chilometri che sono diventati un’altra città sotterranea, in gran parte occupati da Homeless e persone in difficoltà. Una storia che nasce negli anni 80 e 90 quando alcune persone iniziarono a stabilirsi sottoterra in cerca di rifugio dalle dure condizioni di vita che vivevano in superficie. Un insieme di persone che in poco tempo iniziano ad essere chiamate “Mole People” – persone talpa – a causa della loro vita sotterranea.
Un fenomeno urbano che descrive una vita precaria e difficile, dove persone vivono in spazi ristretti, lontano dalla luce del sole, costruendo rifugi improvvisati con materiali di scarto. Le condizioni igieniche sono spesso pessime e i servizi disponibili inesistenti o frutto di ingegno di qualcuno. Sottoterra c’è il luogo dei dimenticati, quelle persone che nonostante le avversità della vita hanno comunque creato una sorta di comunità all’interno dei tunnel. Alcuni di loro condividono risorse, formando legami sociali e aiutandosi a vicenda, altre sono vittime e carnefici di conflitti che si formano tra le diverse fazioni.
Notare queste realtà da turisti è difficile, non solo perché generalmente si vivono zone appunto turistiche, ma anche perché i tunnel principali sono situati sotto le strade di Las Vegas, ma non sono accessibili al pubblico e non hanno indicazioni visibili. Le entrate ai tunnel si trovano in vari punti della città, spesso vicino a grate o aperture nei marciapiedi. I Mole People si trovano però anche in altre aree della città, specialmente in spazi sotterranei, gallerie e abbandonati. Solo il giorno successivo, con la luce del mattino e percorrendo alcune zone in auto è stato possibile notare queste realtà che erano effettivamente dietro l’angolo la sera precedente.
I Mole People sono parte di un problema più ampio di senzatetto a Las Vegas come in tutti gli Stati Uniti, una vera e propria crisi umanitaria che descrive alcune delle città più famose al mondo, senza diventare in realtà una notizia mainstream. Negli ultimi anni, Las Vegas ha vissuto uno spaventoso aumento del numero di persone senza fissa dimora, molte delle quali si trovano in situazioni di vulnerabilità a causa della mancanza di alloggi accessibili, di servizi di supporto e di opportunità economiche.
No che non esistano iniziative sociali ed interventi mirati. Ci sono infatti diverse organizzazioni e gruppi comunitari che lavorano per affrontare il problema dei senzatetto a Las Vegas, così come in altre città del paese, cercando di fornire assistenza e supporto a coloro che vivono nei tunnel e in altre situazioni precarie. Ma non è abbastanza.
Dal 39° piano
Dalla nostra stanza al 39°, provate dal vento che seppur non troppo freddo lungo la Strip, ci ha comunque infreddolite, pianifichiamo il giorno seguente. Piuttosto stanche dalle 9 ore di auto che dal deserto della Death Valley ci hanno condotto fin qua, contiamo quante ce ne spettano il giorno dopo per arrivare sul Grand Canyon. Ci accorgiamo ancora meglio di quanto l’enormità del territorio di questo paese sia difficilmente percorribile, ma incastrare tutto in un primo viaggio on the road da questa parte di mondo è l’intento principale. Tante aree del Grand Canyon sono chiuse al pubblico ed una zona è completamente innevata quindi, dobbiamo fare una scelta. Forse quella più turistica e la cosa non ci piace. Ma tutto ciò succede durante un viaggio.
Ci vediamo al prossimo capitolo! Fammi sapere se ti è piaciuto il racconto con un commento qui sotto e se ti va si vedere altri contenuto seguimi su Instagram nella mia pagina @marginalmente___
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